Il 1° CONGRESSO GIURIDICO FORENSE DEL LAZIO
Roma il 19 e 20 settembre 2024
Auditorium CONCILIAZIONE in Via della Conciliazione 4
RELAZIONE DELL’AVV. VINCENZO COMI
Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Roma
«L’ESECUZIONE PENALE E LA GIUSTIZIA RIPARATIVA»
Il 1° CONGRESSO GIURIDICO FORENSE DEL LAZIO, frutto di un grande sforzo organizzativo degli Ordini Forensi è una straordinaria occasione di confronto e di formazione per tutti gli Avvocati in un momento di grande cambiamento della giustizia e della professione forense.
L’occasione è ghiotta per sviluppare un confronto dell’avvocatura con gli altri operatori del mondo della giustizia e anche con la società civile. Cambiano le modalità di approccio alla professione ma non cambia la funzione e i presidi che rimangono saldamenti ancorati all’inviolabile diritto di difesa sancito dall’articolo 24 della Costituzione e in generale alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini coinvolti nel processo, tutto questo nella prospettiva di un’adeguata crescita professionale per garantire il futuro del nostro ceto e della professione forense.
Obiettivo del Congresso è la condivisione di conoscenze e di esperienze professionali per assicurare il miglior metodo di aggiornamento tra colleghi e con il prezioso contributo dell’accademia – quanto mai necessario in questo momento – per garantire un percorso virtuoso di studio, ben saldato alla cultura dei diritti fondamentali e d’altra parte per fornire una base ermeneutica scientifica alle novità legislative, all’alba di una sventagliata di riforme che hanno significativamente inciso sul nostro sistema giudiziario.
Veniamo da una stagione di riforme della giustizia sia nella sostanza che nella forma e il diritto è in continua evoluzione con nuove leggi, giurisprudenza e prassi, che impongono un costante studio da parte dell’avvocato per garantire la difesa effettiva e di qualità del proprio assistito.
Stiamo assistendo alla riforma epocale dell’introduzione del processo penale telematico che impone all’avvocato una nuova prospettiva organizzativa e gestionale. È facile immaginare il pericolo di un futuro incontrollabile tra tecnologia, intelligenza artificiale, crisi dell’economia e del prodotto della giustizia. Non è facile prevedere il modello della nostra professione da oggi ai prossimi anni. Intanto siamo ancora alle prese con gravi problemi che non solo demoralizzano il nostro lavoro ma ricadono drammaticamente sulle sorti dei nostri assistiti.
Dobbiamo però essere ben ancorati ai nostri valori e alla nostra cultura: non dobbiamo consentire che sia superato il limite della soglia del non negoziabile, e non servono gesti plateali, basta mantenere la linea della fermezza in ogni nostra attività quotidiana e fare il proprio dovere fino in fondo nel rispetto della competenza e della deontologia perché in ciò sta la dignità della nostra funzione.
Proprio nel solco del rafforzamento della nostra competenza e della nostra cultura si inserisce il 1° CONGRESSO GIURIDICO FORENSE DEL LAZIO che vuole offrire una opportunità per discutere e comprendere questi sviluppi su argomenti di attualità e di rilevanza.
Il Congresso ha anche la finalità di promuovere la GIUSTIZIA SOCIALE e la responsabilità forense, con specifiche sessioni dedicate a questioni di interesse pubblico e dibattiti su questioni di Giustizia sociale.
Sicuramente due temi che si inseriscono perfettamente nel contesto della selezione degli argomenti del congresso sono l’esecuzione penale e la giustizia riparativa che involgono non solo riforme legislative fresche di emanazione, ma anche la cultura garantista della nostra funzione e il ruolo sociale che ci è stato affidato dai padri costituenti.
Non possiamo restare insensibili al grido di dolore dei detenuti ristretti nei 14 istituti penitenziari del Lazio che vivono in condizione drammatiche in contrasto con i basilari principi costituzionali di uno stato di diritto, visto che siamo i primi testimoni di questa disumanità.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, purtroppo assistiamo oggi ad una condizione di degrado e di abbandono dei detenuti che ha portato ad una denuncia collettiva primo tra tutti del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al quale è stata anche trasmessa una lettera aperta degli Avvocati Romani a firmata dal presidente del COA di Roma Paolo Nesta.
Come ha affermato lo stesso Presidente della Repubblica, non c’è bisogno di spendere grandi parole di principio per ricordare le decine di suicidi di detenuti in poco più di nove mesi in quest’anno, uno degli ultimi suicidi avvenuto proprio a Rebibbia dove un giovane di 30 anni si è tolto la vita. Il carcere disumano toglie la speranza ai detenuti e non realizza la finalità di reinserimento sociale, ma anzi aumenta la recidiva e fa diventare gli istituti penitenziari una fucina di criminalità, perché nessuna restrizione in condizioni disumane rende un uomo migliore.
Dal mondo politico non abbiamo segnali incoraggianti e tutti pensano che al carcere non si possa rinunciare come unico rimedio, funzionale al sistema penale. Non importa se funziona e se sia utile al miglioramento della società, come ha detto il presidente dei Penalisti italiani Francesco Petrelli: “Siamo affezionati esclusivamente al suono ipnotico della sua parola e del carcere come pena che da secoli, anziché ridurre il fenomeno della recidiva lo consolida, poco interessa al pubblico e alla politica. Il fatto che quel trattamento certamente non renderà i condannati uomini migliori lascia del tutto indifferenti, mentre ci si inalbera a sentire pronunciate le parole indulto o amnistia. Si preferisce agitare l’immagine astratta del carcere come efficace strumento elettorale di raccolta di consenso”.
È troppo difficile rinunciare agli slogan e alle sirene securitarie neppure davanti ai 73 suicidi di detenuti nel 2024 e a un sovraffollamento carcerario che ha raggiunto livelli intollerabili in uno Stato di diritto.
In questa situazione unico rimedio ad oggi attuato è la legge n. 112 dell’8 agosto 2024,che ha convertito il decreto-legge 24 luglio 2024 n. 92, recante «Misure urgenti in materia penitenziaria di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della Giustizia», che introduce piccoli interventi a medio e lungo termine, ma è privo di quell’effetto risolutivo che veniva richiesto.
In realtà il Decreto ha modificato significativamente solo il beneficio della liberazione anticipata per i condannati che tuttavia è importante puntualizzare perché ribalta il sistema fino ad oggi vigente nell’Ordinamento penitenziario.
All’articolo 5 del DL 92 del 4 luglio 2024 viene introdotto un intervento in tema di liberazione anticipata che modifica l’articolo 656 cpp introducendo il comma 10 bis.
Fermi i limiti di cui al comma 4 bis, nell’ordine di esecuzione la pena da espiare è indicata computando le detrazioni della liberazione anticipata, in modo tale che siano specificamente indicate le detrazioni e sia evidenziata anche la pena da espiare senza detrazioni.
Si dà avviso al condannato che la liberazione anticipata non sarà riconosciuta qualora durante il periodo di esecuzione della pena il condannato non abbia partecipato all’opera di rieducazione.
La liberazione anticipata non sarà concessa, ma solo la mancata concessione del beneficio o la revoca saranno comunicate.
Mentre nel procedimento di concessione della liberazione anticipata si prevede che in occasione di ogni istanza di accesso alle misure alternative alla detenzione o ad altri benefici analoghi, rispetto ai quali nel computo della misura della pena espiata è rilevante la liberazione anticipata ai sensi dell’articolo 54 OP, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione della liberazione anticipata in relazione ad ogni semestre precedente in maniera da computarla nel calcolo del residuo pena ai fini dell’ammissibilità della misura alternativa. L’istanza di misura alternativa può essere presentata a decorrere dal termine di novanta giorni antecedente al maturare dei presupposti per l’accesso alle misure alternative alla detenzione o agli altri benefici analoghi computando le detrazioni di cui all’articolo 54.
Nel termine di novanta giorni antecedente al maturare del termine di conclusione della pena da espiare come individuato, considerata la liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza accerta la sussistenza dei presupposti per la concessione in relazione ai semestri che non sono stati oggetto di valutazione (potrebbero essere già stati valutati qualora ci fosse stata una richiesta di misura alternativa).
Il condannato – in via residuale – può formulare istanza di liberazione anticipata quando abbia uno specifico interesse diverso dalla ammissione a una misura alternativa o perché si trovi a meno di 90 giorni dalla scadenza della pena da espiare. L’interesse deve essere indicato a pena di inammissibilità dell’istanza.
Il provvedimento di concessione della liberazione anticipata è adottato dal magistrato di sorveglianza con ordinanza in camera di consiglio senza la presenza delle parti a cui poi viene notificata. Nel caso in cui il condannato faccia una richiesta di misura alternativa previa concessione della liberazione anticipata, il Tribunale trasmette al magistrato l’istanza ex articolo 54 per la decisione. Contro l’ordinanza di concessione o rigetto della liberazione anticipata il difensore, l’interessato o il pubblico ministero possono proporre reclamo al Tribunale di Sorveglianza competente per territorio.
Nell’ottica del trattamento di reinserimento sociale dei detenuti, lo stesso decreto-legge all’articolo 6 prevede un aumento dei colloqui telefonici dei detenuti settimanali e mensili per garantire la prosecuzione dei rapporti personali e familiari dei detenuti.
Inoltre, sempre per agevolare il reinserimento delle persone detenute adulte, è istituito presso il Ministero della giustizia un elenco delle strutture residenziali idonee all’accoglienza e al reinserimento sociale articolato in sezioni regionali ed è gestito dal Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità che ne cura la tenuta e l’aggiornamento. Per essere inserite nell’elenco le strutture residenziali devono garantire, oltre a una idonea accoglienza residenziale anche lo svolgimento di servizi di assistenza, di riqualificazione professionale e reinserimento socio lavorativo dei soggetti residenti compresi quelli con problematiche derivanti da dipendenze o disagio psichico. Queste residenze ai fini di accogliere soggetti in detenzione domiciliare sono considerate private dimore.
Purtroppo, resta sempre lo stesso spirito punitivo e carcero centrico del sistema dell’esecuzione penale italiano. Non si fanno passi avanti mentre in prospettiva evolutiva sarebbe necessaria una riforma sistemica e una cultura fondata su idee nuove per realizzare qualcosa di migliore del carcere.
La chiave culturale evolutiva ci collega all’argomento della giustizia riparativa, introdotta nel nostro ordinamento dalla riforma Cartabia con il D.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150: un nuovo paradigma della giustizia penale sulla spinta delle istituzioni europee.
Dopo l’emanazione dei decreti attuativi si va verso la strutturazione del nuovo sistema che ancora appare di complicata attuazione, ma soprattutto di non facile accettazione culturale e senza ancora avere chiare le potenzialità della riforma.
La dottrina parla di “una prospettiva culturale post moderna che supera l’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice e del danno risarcibile, focalizzando l’attenzione sulla dimensione sentimentale e emozionale dei rapporti relazionali tra autore e vittima e tutto in relazione alla società o comunità”[1].
Fino ad oggi abbiamo vissuto in un sistema punitivo, la giustizia riparativa vuole fare fronte a queste esigenze, e rappresenta una occasione per la vittima per poter accedere ad una riparazione simbolica e sentimentale in grado di superare il “sentimento di sconfitta e frustrazione per riacquistare il dominio sulla gestione della propria vita”.
In sostanza la giustizia riparativa ha l’obiettivo “di sanare il complesso trauma derivante dal conflitto generato dal reato tra l’autore e la vittima attraverso la promozione dell’incontro o riavvicinamento tra i protagonisti della vicenda criminale. Si tratta di costruire le condizioni di un dialogo tra autore e vittima per ricomporre e superare il conflitto nell’ottica di uno sviluppo della persona umana”.
C’è una cosa che oggi accomuna il sistema della giustizia punitiva e quello della giustizia riparativa: essi sono complementari e hanno l’obiettivo della funzione rieducativa della pena e il miglioramento della società.
Secondo la riforma Cartabia la giustizia riparativa si instaura (ai sensi dell’articolo 129 bis cpp) con il programma riparativo che può essere avviato in qualsiasi stato e grado del procedimento penale secondo i criteri di utilità, assenza di pericolo per le parti e per l’accertamento dei fatti. Quest’ultimo criterio è posto per garantire la genuinità cognitiva del processo. Tra i criteri di ammissibilità dell’invio per il programma riparativo non c’è quello del riconoscimento dei fatti oggetto dell’accertamento processuale.
L’avvio ai Centri avviene su istanza dell’indagato o imputato, della vittima o anche d’ufficio ovvero per iniziativa dell’autorità giudiziaria.
La relazione che il mediatore predispone alla fine del programma riparativo costituisce lo strumento tecnico attraverso il quale la giustizia riparativa entra nel processo penale, ma è anche un atto che pone il problema della contaminazione tra percorso e processo.
È necessario salvaguardare la verginità cognitiva del giudice per garantire il libero convincimento. Per questo sono posti degli argini dall’articolo 58: non possono derivare effetti sfavorevoli per la persona indicata come autore del reato dal mancato compimento o interruzione o insuccesso del programma riparativo, inoltre – a parte il programma – non si possono inserire altre informazioni salvo il consenso dei partecipanti al programma. Comunque, tutte le dichiarazioni o le informazioni acquisite nel programma sono inutilizzabili come prove e sono coperte da un obbligo di riservatezza.
Gli effetti penali del percorso riparativo sono solo favorevoli.
L’esito riparativo incide sulla pena e ai fini della punibilità e sulla procedibilità dei reati perseguibili a querela.
La giustizia riparativa nella fase dell’esecuzione è di fondamentale importanza e apre scenari importanti per il percorso di reinserimento dei condannati. L’articolo 13.4 OP stabilisce che nei confronti dei condannati è favorito il ricorso a programmi di giustizia riparativa e in generale lo svolgimento del programma riparativo e l’eventuale esito positivo assumono rilevanza per l’ammissione alle misure alternative o per la concessione di benefici penitenziari.
Infine, lo svolgimento riparativo è una tra le condizioni per il detenuto per reati ostativi che non collabora per poter accedere ai benefici.
[1] CINGARI, La giustizia riparativa nella riforma Cartabia, in Sistema Penale